Il tipo di orientamento a cui faccio rifermento nella mia attività clinica è la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy CBT), attualmente considerata uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici. I risultati risultano paragonabili e in alcuni casi addirittura superiori al trattamento farmacologico, soprattutto nella prevenzione delle ricadute e nel mantenimento dei risultati positivi. Secondo tale approccio esiste una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti: non sono gli eventi in se stessi a provocare sofferenza psicologica, ma il significato che noi attribuiamo ad essi.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale si propone, di conseguenza, di aiutare i pazienti ad individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, al fine di sostituirli con convinzioni più adattive.
Dalla nascita della terapia cognitiva negli anni ‘60 ad opera di A.T. Beck ed A. Ellis ad oggi, sono stati sviluppati numerosi protocolli di intervento per il trattamento di svariati disturbi clinici che hanno accolto al loro interno anche tecniche e strategie derivate da altri orientamenti teorici. Questi nuovi approcci stanno influenzando notevolmente il modello cognitivo standard, soprattutto negli ultimi vent’anni, tanto che si parla spesso di terza generazione della terapia cognitivo-comportamentale. Le terapie cognitive di terza generazione non aiutano il paziente ad identificare e di conseguenza a modificare specifici comportamenti o credenze disfunzionali, ma intervengono primariamente sul processo metacognitivo, cioè sul modo in cui le persone reagiscono a livello mentale alla comparsa di pensieri ed emozioni negative. Dal momento che non si considera più il contentuto di credenze e pensieri la causa della sofferenza psicologica, quanto l’atteggiamento che abbiamo nei confronti di questi processi, l’obiettivo non sarà focalizzato sulla riduzione dei sintomi ma sull’accettazione e sul raggiungimento di un maggiore stato di benessere. Talvolta, infatti, i pazienti pur comprendendo l’irrazionalità e l’illogicità alla base dei loro pensieri, non riescono a ridurre il loro disagio psicologico.
La Schema Therapy (ST) è un approccio complesso e molto strutturato, utilizzato per trattare un’ampia costellazione di problemi. E’ stata sviluppata da Jeffrey Young a partire dalla terapia cognitiva in seguito ad alcune riflessioni legate all’insoddisfazione e alla scarsa efficacia di tale approccio per alcuni tipi di pazienti. Vi sono, infatti, persone che non rispondono bene al trattamento CBT classico, in particolar modo coloro che presentano disturbi di personalità, che hanno spesso relazioni interpersonali insoddisfacenti o soggetti che ottengono pretazioni inferiori alle loro potenzialità nel lavoro. La Schema Therapy è un approccio psicoterapeutico integrato che unisce ai metodi cognitivi, interventi esperienziali o focalizzati sulle emozioni, tratti dalla psicologia della Gestalt, dalla psicoterapia interpersonale, dalla teoria dell’attaccamento, dalla DBT (Dialectical Behavior Therapy di M. Linehan), dalla Mindfulness. Le emozioni problematiche sono messe in primo piano, insieme agli aspetti cognitivi e comportamentali del paziente, nonchè ai suoi sintomi. Inoltre vengono prese in considerazione le tematiche infantili per capire le origini dei pattern comportamentali problematici del paziente. Nell’infanzia e nell’adolescenza, in base al temperamento e alle esperienze precoci con le figure genitoriali, si formano degli schemi, ovvero dei modelli comportamentali, cognitivi e affettivi che influenzeranno la persona per il resto della vita, condizionando il suo modo di pensare, sentire o di relazinarsi agli altri. Può trattarsi di abbandono da parte di un genitore, o dall’aver ricevuto critiche continue, o da un atteggiamento eccessivamente esigente da parte di un genitore, solo per fare alcuni esempi. Nella vita adulta, la persona continuerà a trovarsi in situazioni analoghe, in cui viene trattato male, criticato, ignorato. La Schema Therapy aiuta la persona a riconoscere questi schemi, ad esserne consapevole e quindi a cambiarli.
La mindfulness è una pratica che si è sviluppata nel corso di migliaia di anni per affrontare abitudini mentali dolorose. E’ un particolare atteggiamento, un modo di rapportarsi alla vita. E’ un approccio utile per migliorare lo stato di salute di un gran numero di pazienti, soprattutto per risolvere problemi generati dallo stress, per disturbi d’ansia, depressione. Il primo a sperimentare l’applicazione clinica della mindfulness è stato Jon Kabat-Zinn, professore di medicina che aveva elaborato alla Stress Reduction Clinic of Massachusetts il protocollo MBSR (Mindfulness-Based Stress Reduction) per la riduzione dello stress alla fine degli anni ‘70. Da allora il programma è stato utilizzato con applicazioni cliniche in una gamma ampliata di patologie psichiatriche (Disturbo d’Anisa Generalizzata, Disturbo da Attacchi di Panico, Anoressia Nervosa), disturbi somatici ( disturbi gastrointestinali, psoriasi, fibromialgia, sindrome da dolore cronico), a patologie mediche (dist. Del sonno, cefalee) La MBCT (Mindfulness-Based Cognitive Therapy) sviluppata da Zindel Segal, M. Williams e J. Teasdale coniuga l’esperienza accumulata dal programma di Kabat-Zinn con alcune tecniche terapeutiche classiche della terapia cognitiva standard. E’ utilizzata in particolar modo per la prevenzione delle ricadute nel trattamento della depressione. Secondo Kabat-Zinn la Mindfulness consiste nel “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante” La mindfulness aiuta a vivere secondo la “modalità dell’essere” che consiste nell’accettare che le cose siano quello che sono, a differenza della “modalità del fare” che ci porta a giudicare le cose, e a desiderare che siano diverse da come sono. Ci rende, inoltre, consapevoli di quanto viviamo con il pilota automatico inserito, perdendo la vividezza del momento presente e quindi la consapevolezza di ogni singolo momento della nostra vita. La mindfulness non aiuta le persone a evitare le situazioni negative della vita o a cambiarle, come avviene nella terapia cognitiva standard, ma insegna ad accettarle e a vivere nonostante le difficoltà, nella consapevolezza che nella vita tutto è un fluire continuo, in continua trasformazione, compresi gli eventi negativi.
EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti
oculari) è un trattamento psicoterapeutico che permette di superare il disagio emotivo legato a esperienze di vita
stressanti e traumatiche.
E’ un approccio che si focalizza sul ricordo dell’eperienza traumatica che ha contribuito a sviluppare la patologia o il
disagio della persona.
Avviene attraverso la stimolazione bilaterale che consiste nel seguire con gli occhi le dita del terapeuta che si
muovono da destra a sinistra oppure nel ricevere una stimolazione tattile alternata, come il tamburellamento sulle mani.
L’EMDR lavora a più livelli, coinvolgendo gli aspetti cognitivi, gli aspetti emotivi, quelli comportamentali e quelli
neurofisiologici. L’obiettivo è quello di aiutare il paziente ad accedere al ricordo, a metabolizzarlo, a trasformarlo
dalla forma disfunzionale, bloccata ad una integrata e più funzionale.
L’EMDR è stato sviluppato in America alla fine degli anni ’80 da Francine Shapiro . E’ stato strutturato originariamente
per intervenire su quelle persone che hanno vissuto uno o più eventi traumatici gravi quali aggressioni, abusi, violenze
fisiche o psichiche, incidenti, grandi catastrofi naturali o generate dall’uomo.
A lungo termine, l’EMDR è stata sperimentata anche in situazioni che presentano altri tipi di problematiche più comuni
come fobie e disturbi di ansia in generale, lutti complessi o improvvisi, disturbi alimentari, malattie oncologiche.
Per saperne di più: www.emdr.it
La EFT (Terapia Focalizzata sulle Emozioni) è stata formulata agli inizi degli anni ’80 da Sue Johnson e Leslie Greenberg come trattamento per le coppie e considera – come dice il nome – il ruolo centrale delle emozioni nel processo di riparazione delle relazioni. E’ una terapia breve che prevede generalmente da 8 a 20 sedute. Studi di efficacia mostrano una percentuale di recupero del disagio coniugale del 70% circa e una percentuale di miglioramento significativo pari al 90%. “Quando la EFT è attuata con successo, ciascun partner diventa per l’altro fonte di sicurezza , protezione e conforto”. La EFT guarda dentro e tra i partner: integra un focus intrapsichico su come le persone elaborano le proprie esperienze individuali con uno iterpersonale, relativo a come i partner organizzano le loro interazioni in schemi e cicli. Obiettivo della EFT è rielaborare le esperienze e riorganizare le interazioni per creare un legame sicuro tra i partner, un senso di connessione sicura. Il focus è sempre sulle preoccupazioni legate all’attaccamento , su sicurezza, fiducia, contatto e sugli ostacoli a essi relativi. Il terapeuta non agirà dando ragione a uno o all’altro partner, ma evidenzierà come le persone siano bloccate in stati emotivi e in cicli negativi di interazione che si auto-rinforzano e cercherà di afferrare la “razionalità nascosta” dietro risposte apparentemente distruttive o irrazionali. Le nostre relazioni più importanti possono scatenare forti sentimenti. Queste relazioni sono fonte di immenso stress e dolore, nonché di grande conforto e felicità. I terapeuti di EFT aiutano le coppie ad imparare ad esprimere e gestire questi sentimenti in modo sicuro e positivo La EFT è efficace per:
Per saperne di più: www.eftitaliacommunity.com
La Compassion Focused Therapy (CFT), “Terapia basata sulla Compassione”, è un approccio psicoterapeutico di recente diffusione che fa parte delle Psicoterapie Cognitivo Comportamentali mindfulness-based, ovvero della cosiddetta terza generazione della CBT.
La CFT è stata sviluppata dal Paul Gilbert (2005), professore di psicologia presso l’Università di Derby nel Regno Unito, da anni impegnato nella ricerca scientifica sul senso di colpa, sulla vergogna e sull’autocritica, da egli ritenuti elementi trans-diagnostici di molti disturbi psicologici. Attualmente, infatti, la CFT è utilizzata con successo per il Disturbo Post Traumatico da Stress, le psicosi, i disturbi dell’umore, i disturbi alimentari e il dolore cronico. Come è noto, infatti, alcuni pazienti, particolarmente autocritici e auto-colpevolizzanti, non migliorano con la terapia cognitiva standard: pur comprendendo l’illogicità dei loro pensieri negativi disfunzionali (su di sé, sul mondo o sul futuro), continuano a sentirsi a disagio, a colpevolizzarsi, ad autoaccusarsi.